Non solo gli anziani: ecco chi è davvero più a rischio infarto secondo i cardiologi

Quando si pensa all’infarto, l’immagine che sovviene più spesso è quella di una persona anziana. Tuttavia, sempre più dati scientifici confermano che non sono solo gli anziani a essere esposti a un rischio elevato; anzi, cardiologi e società scientifiche evidenziano un crescente coinvolgimento anche delle fasce più giovani della popolazione. Comprendere quali siano i veri fattori di rischio oggi, tenendo conto sia delle variabili tradizionali sia delle nuove evidenze, è fondamentale per un’efficace prevenzione e per correggere la convinzione che sia una patologia circoscritta alle età avanzate.

Oltre l’età: chi deve temere di più l’infarto

L’insorgere di un infarto miocardico dipende dalla combinazione di numerosi fattori di rischio, che possono essere distinti tra modificabili e non modificabili. Tradizionalmente, i cardiologi hanno sempre considerato l’età avanzata, il sesso maschile e la familiarità come elementi principali di predisposizione. Tuttavia, negli ultimi anni lo scenario è cambiato: se da una parte il rischio cresce a partire dai 45 anni negli uomini e dopo la menopausa nelle donne, dall’altra anche i giovani adulti (dai 20 ai 50 anni) sono sempre più coinvolti, con un aumento inquietante degli episodi osservati proprio in questa fascia di età.

La malattia coronarica resta più frequente negli over 55, con un rischio di infarto otto volte superiore rispetto a quello di chi ha meno di 45 anni. Ma una percentuale non trascurabile di casi si verifica anche tra i giovani, e il trend è in crescita a livello globale. Studi del settore riferiscono che 1 su 5 soggetti ricoverati per infarto aveva meno di 40 anni, e che negli ultimi 10 anni il rischio per questa fascia d’età cresce costantemente del 2% ogni anno. Questa realtà pone una nuova sfida alla medicina preventiva.

I principali fattori di rischio secondo i cardiologi

I fattori di rischio per l’infarto vengono oggi suddivisi in due grandi categorie.

  • Fattori di rischio non modificabili: età, sesso, familiarità, etnia, precedenti episodi di eventi cardiovascolari, patologie come disfunzione renale e presenza di disturbi del ritmo cardiaco come la fibrillazione atriale.
  • Fattori di rischio modificabili: fumo di sigaretta, obesità, sovrappeso, sedentarietà, dieta sbilanciata, abuso di alcol o caffeina, ipertensione arteriosa (pressione alta), dislipidemie come livelli elevati di colesterolo LDL (“colesterolo cattivo”) o bassi livelli di colesterolo HDL (“colesterolo buono”), diabete mellito, stress psicosociali e infiammazione cronica.

Una persona con colesterolo o pressione arteriosa alta ha un rischio triplicato rispetto ai soggetti con valori normali, che sale fino a otto volte se si aggiunge il vizio del fumo. La presenza simultanea di più fattori moltiplica rischiosamente la probabilità di eventi acuti. È importante sottolineare che questi elementi non sono cause dirette, ma circostanze che aumentano la probabilità che si verifichi un infarto.

Non solo gli anziani: focus sui giovani adulti

Il dato forse più drammatico che emerge dagli ultimi studi internazionali è che anche i giovani adulti oggi sono più esposti rispetto al passato. Spesso i fattori di rischio in questa fascia hanno caratteristiche diverse rispetto ai più anziani. Ad esempio, nei giovani l’infarto può manifestarsi senza la presenza di un classico ateroma coronarico, ma come conseguenza di alterazioni metaboliche (come l’ipercolesterolemia genetica), uso di sostanze stupefacenti, abuso di alcool e droghe, oppure per effetti avversi di patologie autoimmuni. Lo stile di vita è determinante: alimentazione ricca di zuccheri e grassi, attività fisica insufficiente, stress cronico, sono fattori moltiplicatori.

Negli Stati Uniti ma anche in Asia si registra un incremento di infarti nella popolazione tra 20 e 50 anni, tanto da essere indicato come una vera emergenza di sanità pubblica. Inoltre, è stato riscontrato che il pronostico dopo un evento acuto è spesso sovrapponibile a quello degli anziani: chi sopravvive a un primo infarto giovane ha infatti la stessa probabilità di andare incontro a un nuovo episodio o a un ictus nell’arco della vita.

Prevenzione: il ruolo delle nuove strategie e delle scelte di vita

La prevenzione oggi è la vera arma per limitare l’impatto dell’infarto su tutte le fasce d’età. Le principali società cardiologiche raccomandano un approccio individualizzato e personalizzato, modulato sul proprio profilo di rischio e sulla presenza di fattori modificabili, con particolare attenzione allo stile di vita. I punti fondamentali includono:

  • Abolizione del fumo e riduzione dell’esposizione al fumo passivo;
  • Mantenimento del peso corporeo nella norma;
  • Attività fisica regolare, adeguata alle possibilità dell’individuo;
  • Alimentazione equilibrata, ricca di frutta, verdura, cereali integrali, pesce, povera di zuccheri semplici e grassi saturi;
  • Limitazione del consumo di alcol e abolizione delle sostanze stupefacenti;
  • Mantenimento di valori corretti di pressione arteriosa e colesterolo attraverso controlli periodici;
  • Gestione efficace dello stress psicosociale.

Una attenzione particolare va posta alla prevenzione secondaria, ossia alle persone che hanno già avuto un infarto: per loro il rischio di recidiva è alto e coinvolge ancor più l’esigenza di correggere tutti i fattori di rischio modificabili e monitorare la funzionalità cardiovascolare.

In conclusione, l’infarto non è una malattia solo per persone anziane: secondo quanto emerge dagli studi cardiologici più recenti, tutti, e in particolare chi presenta uno o più fattori di rischio, dovrebbero adottare stili di vita salutari e sottoporsi con regolarità a controlli clinici. La strategia vincente rimane individuare precocemente i segnali di allarme, agire tempestivamente sui fattori modificabili e mantenere nel tempo le buone abitudini. In questo modo è possibile proteggere non solo il cuore degli anziani, ma anche quello delle generazioni più giovani.

Lascia un commento